Scarse le notizie sul villaggio mentre sono più numerose quelle circa la località Vito, sede della badia di Santa Maria di Vito. Il villaggio seguì sempre le sorti di Laurino sul quale il 9 agosto 1591 Giovanni Carafa ottenne il titolo di duca. Il titolo era legato a Laurino con Piaggine Soprane e Sottane (odierno Valle dell'Angelo) e con i predicati di Aquara, Castelluccio, Fornilli (Fornelli) e Fogna (Villa Littorio). Il feudo passò, poi, ex sorore da Vittorio Carafa, al nipote Giuseppe Spinelli. Il 10 giugno 1780 Vincenzo Spinelli lo ebbe per successione dal padre Troiano (m. 1 settembre 1777) con Castelluccio, Fornelli e Fogna. Il titolo rimase agli Spinelli fino all'abolizione della feudalità.
Il Giustiniani pone il villaggio su un falsopiano a 38 miglia da Salerno con una popolazione di fuochi 60 (ab. 330) nel 1595 («la tassa più antica a me nota», scrive), di 66 (ab. 330) nel 1648 e soli 20 (100) nel 1669. Ai suoi tempi il villaggio contava 650 persone tra agricoltori e pastori. Il Galanti ne segnala 636, l'Alfano 563. Il Di Stefano afferma che in una valletta detta I'Arenare, un miglio da occidente, «in tempo di està vi scorre perenne abbondante acqua, ed in tempo d'inverno affatto non ve n'è, ma all'intutto arido».
Maggiori notizie si hanno sulla badia di Santa Maria di Vito sita al di sotto del villaggio di Fogna, verso Bellosguardo, nella località detta Vito. In origine monastero indipendente di monaci italo-greci, divenne grancia della grande abbazia tuscolana greca di Grottaferrata che nel periodo della sua decadenza la unì come grancia alla badia italo-greca di San Pietro al Tomusso di Montesano. Questa badia negli ultimi tempi vi teneva un monaco per il mantenimento del culto e I'amministrazione dei beni. Va ricordato che della badia di Santa Maria è già notizia nel diploma in greco di re Ruggiero di Sicilia rilasciato a Palermo nell'anno 1131, quando i beni esistenti anche nel territorio dell'odierno Cilento, dipendenti dalla badia italo-greca di Santa Maria di Rofrano, vennero riconosciuti di proprietà dell'abbazia greca di Grottaferrata («In primis, grancia Sanctae Mariae de Vito, qua est in tenimento seu territorio Laurini»). Con questo diploma re Ruggiero confermava le donazioni fatte dal cugino Ruggiero e dal figlio di costui, Guglielmo. Beni tutti poi ceduti alla Certosa di Padula.
Nel 1709 padre Nicola Maranci, procuratore del monastero di San Pietro di Montesano dei padri basiliani chiese alla Regia Camera di consentire I'istituzione di un inventario dei beni appartenenti al monastero di San Pietro, tra i quali la grancia di Santa Maria di Vito di Fogna. Tre le copie dell'inventario di cui è notizia: una era «in banca di Basile per un processo tra I'Università di Laurino e quella di Rofrano», una seconda è nell'ASS, la terza nell'ADV. Dalla Platea si evince che solo otto persone (sei analfabeti e due artigiani) denunziarono di possedere beni di Santa Maria a Fogna (terreni e case). Oltre i diritti annessi al feudo, di cui l'agronomo Collarelli dichiarò di aver disegnata la pianta, i beni erano costituiti da più arborati (19.4 tomola) da un terreno lavorativo (2 tomola) e una casa.
La locale parrocchia di San Giovanni Battista era unita alla Collegiata di Santa Maria di Laurino la quale vi teneva un canonico e un sacerdote. Nell'abitato di Santa Maria di Costantinopoli vi era anche la cappella.
LATITUDINE: 40.36868010000001
LONGITUDINE: 15.337140399999953
VAI ALLA MAPPA GOOGLE MAPS